In campo un rugbista può essere rude, schietto e simpatico come un Pilone che dà sicurezza con la sua prestanza, oppure silenzioso, tenebroso e introverso come un Tallonatore, caratteristiche queste che riscuotono tante attenzioni femminili. Un rugbista può anche essere svampito come una Seconda, che poi è solo un’impressione perché lui è sempre assolutamente attento a tutto quello che gli capita attorno, cinico e freddo come un Flanker oppure scontroso come una Terza Centro, fisico da Pilone, altezza da Seconda e tenacia da Tre Quarti.

Ma le personalità del rugbista sono tante quanti sono i ruoli di questo sport, che dopotutto è anche un palestra di vita: il rugbista infatti può anche essere autorevole e preciso come lo sono i Mediani, di poche parole e con la giusta dose d’incoscienza come lo sono i Centri,  un po’ sognatore, con la testa tra le nuvole, ma concreto come un’Ala o risolutore e desideroso di essere sempre al centro dell’attenzione come l’Estremo.

Tutti i rugbisti hanno però in comune una caratteristica che li rende unici, hanno tutti un cuore grande, ma davvero tanto grande, e fuori dal campo da gioco il legame verso il compagno di squadra si trasforma in amore verso il prossimo, soprattutto per chi soffre. Così capita che alcuni dei nostri ragazzi, riposti gli scarpini e il paradenti negli armadietti, abbiano indossato camici, guanti e mascherine per aiutare a combattere il “mostro”, perché per loro aiutare è una vocazione.

Questi ragazzi d’oro sono compassionevoli, perché preoccupati dei loro pazienti, empatici perché ne condividono i sentimenti, altruisti perché danno tutto loro stessi, consapevoli di sé e dei loro comportamenti, efficaci perché l’esperienza accumulata negli anni li ha resi dottori, infermieri e operatori sanitari indispensabili.

Nella nostra squadra abbiamo tanti ragazzi così e oggi riportiamo l’esperienza di uno di loro, una storia che ci riempie d’orgoglio; un giovane all’apparenza scanzonato che presta servizio in una residenza sanitaria assistenziale del nostro territorio, che insieme ai suoi colleghi non ha esitato a tagliare qualsiasi contatto con i sui affetti restando per più di un mese tra i suoi pazienti, senza mai tornare a casa, salvaguardando così la vita di tante persone anziane.

Una storia di ordinario senso civico, di abnegazione al lavoro, di impegno. La storia di Valerio.

Grazie