RUGBY SCUOLA DI VITA
Nel campo da rugby s’impara fin da piccoli a mettersi in gioco, ad affrontare l’avversario senza paura di esporsi; lo si affronta con il corpo, accettando le ammaccature del contatto, la faccia per terra e il fango addosso; lo si affronta con la mente, trovando la soluzione che ti conduce alla meta.
RUGBY PHILOSOPHY
Se finisce con una sconfitta, c’è il “Terzo Tempo”.
Il “Terzo Tempo” non è una magra consolazione e non è disonorevole. Nella vita si perde qualche cosa ogni giorno e il rugby insegna ad accettarlo e ad andare avanti. Il “Terzo Tempo” è il momento per capire che se oggi non ce l’abbiamo fatta la prossima volta che affronteremo delle sfide lo faremo più forti e più uniti.
E poi c’è la squadra.
Perché il rugby è cuore, generosità e lealtà. È un legame primordiale d’istinto che si cementa quando, spalla a spalla, si spinge nella mischia. Con il rugby impari a sacrificarti per gli altri, a tener duro anche se non è la “giornata buona”, a sentirti parte di una comunità che, se funziona, ti porta avanti nella vita prima che in campionato.
Questo spirito d’onore e di rispetto si respira in campo come negli spalti, dove vigono correttezza e rispetto; mai episodi di tifo contro. Nel campo si rispetta il trentunesimo giocatore: l’arbitro. Per chi gioca, per chi tifa, per chi dirige e per chi lava i panni sporchi di fango, valgono le stesse regole che non sono scritte ma che sono l’essenza del rugby.
Il rugby è soprattutto un percorso di crescita.
Rimangono per sempre impressi i principi che fin dai primi allenamenti, fin da piccolo, condividi con i tuoi compagni e che poi, crescendo, comprendi che ti renderanno un uomo migliore. Così si dà importanza alla tradizione, alla cultura, alla storia della propria squadra dalla quale si attinge per crescere; i “vecchi” assumono valore, sono i saggi, i detentori di racconti epici. Per questo nel rugby hanno importanza gli “Old”, i veterani, che continuano a giocare spinti da quell’istinto originale scatenato dal gesto rivoluzionario di William Ellis, un ragazzo della Rugby School, che durante una partita di calcio, nel 1823, prese la palla tra le mani e si mise a correre verso la porta. Nonostante la realtà si mescoli alla leggenda, è suggestivo pensare che tutto sia nato da un gesto così autentico, spontaneo e puro.
Questa è la nostra filosofia, questo è il nostro sport!
VISION
Vogliamo diffondere i valori fondamentali del rugby aiutando ognuno a raggiungere il massimo potenziale esprimibile sia sul campo da gioco sia fuori da esso.
Il Tusciarugby è nato per dare a chiunque la possibilità di avvicinarsi a questo sport, a qualunque età.
Vogliamo essere la Società che più di ogni altra mette al centro delle proprie attività i suoi bambini, i loro genitori e i suoi giocatori perché tutti devono sentirsi facenti parte di un’unica grande famiglia.
Il nostro obiettivo è fare del Tusciarugby la fonte d’ispirazione per ogni bambino, ragazzo o adulto della provincia di Viterbo che decide di giocare al nostro sport.
MISSION
II nostro bacino d’utenza si estende dai Monti Cimini alla valle del Tevere, area nella quelle siamo attivi anche nel ricercare la collaborazione con le amministrazioni locali e con tutte le realtà sportive che hanno una visione affine alla nostra.
Il nostro “End State” non è né il profitto né il risultato ma è lo sviluppo del movimento rugbistico ottenuto attraverso una crescita più qualitativa che quantitativa dei nostri atleti.
Il rispetto per l’allenatore, per l’avversario e per l’arbitro, è lo stato mentale che pretendiamo da ogni nostro giocatore. Essere affidabili per il compagno di squadra è, invece, la qualità che ci impegniamo a fare emergere da ognuno. Consideriamo la competizione tra i nostri giocatori sana solo quando rappresenta un’opportunità di crescita per tutta la squadra.
Intendiamo porre la massima attenzione alle nuove metodiche di allenamento, per questo inviamo regolarmente i nostri allenatori ai corsi di aggiornamento e di perfezionamento, al fine di costituire dei team di tecnici creativi ed innovativi per ogni categoria, dalla propaganda alla seniores. Saper ispirare e motivare la propria squadra, condividendo con essa un desiderio, un sogno, una visione, ha come conseguenza quella infondere forza ed ottimismo mantenendo alto l’entusiasmo.
Intendiamo offrire un’ampia gamma di attività sportive e ricreative ad un costo accessibile per tutti i nostri tesserati, con un occhio di riguardo alle famiglie più in difficoltà.
Una particolare cura la riserviamo ai nostri due impianti e alla nostra Club House che col tempo abbiamo plasmato e trasformato nel nostro rifugio dove ci piace ricevere gli amici e gli atleti delle squadre ospitate.
POLITICAMENTE CORRETTO FREE-ZONE
Il Tusciarugby contrasta il politicamente corretto in ogni sua forma.
Il pensiero politicamente corretto, nato proponendosi come modo per rispettare le diversità e le sensibilità altrui, nel tempo è diventato un modo per imbrigliare, nell’accusa di intolleranza e di odio, qualsiasi parere contrario a quello che i pensatori di riferimento impongono come modello culturale; esso è oramai uno strumento per obbligare al consenso senza l’utilizzo della forza fisica.
Ogni epoca storica ha il suo politicamente coretto, ossia un codice non esplicitato che, stratificandosi nella coscienza delle persone, impone “ciò che si può dire e ciò che non si può dire” e solo il ciò che si può dire è giusto. Parafrasando Orwell, se nell’epoca dell’inganno dire la verità è un atto rivoluzionario, nell’epoca del politicamente corretto esprimere pensieri politicamente scorretti è il più potente degli atti sovversivi.
Il politicamente corretto, pur opponendosi alla violenza, è esso stesso violento poiché genera “la certezza di possedere le chiavi della giustizia escludendo la ricerca della verità” (M. Heidegger, Sein und Zeit – Essere e tempo, 1927).
Il politicamente corretto restringe il campo linguistico e quindi anche il pensiero, perché si dice ciò che si pensa. Nel Tusciarugby si usa un linguaggio corretto, rispettoso, ma fatto di parole di uso comune. Non ci perdiamo nella ricerca di sinonimi di parole ritenute offensive da chi si erge a censore e nemmeno in ridicole declinazioni di genere, non usiamo asterischi e schwa e usiamo regolarmente il plurale sovraesteso per evitare le cacofoniche reduplicazioni retoriche di genere.
Chi pratica il politicamente corretto viene da noi tollerato in quanto, non conoscendo l’esperienza della ricerca del pensiero autentico, ha una cultura mediocre, insufficiente e triste.
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